sabato 30 novembre 2013

Non v'è pace tra gli ulivi della Palestina

ulivi di Palestina





Porterò sempre con me l’immagine di quel signore sulla sessantina, ferito a una gamba durante una protesta che la settimana dopo era di nuovo lì, in quella stessa strada dov’era stato colpito.
Ci ha chiesto di parlare nei nostri Paesi di quello che succede qui a Kafr Qaddum.
Da tre anni, ogni venerdì, soldati israeliani armati affrontano la popolazione locale che risponde tirando pietre. Tutto ciò perché i coloni israeliani hanno occupato una strada che attraversa un loro insediamento, obbligando i palestinesi a usare un altro percorso, una sorta di sentiero di terra battuta, per raggiungere Nablus. Impiegando il triplo del tempo. Questo è un piccolo esempio dell'atteggiamento sionista, che si esplica con soprusi ben peggiori, per esempio la cattura delle fonti di acqua, requisite, manu militari, senza alcuna contropartita da parte degli occupanti israeliani.


giovedì 28 novembre 2013

Imprevisti di Palestina

---- Ieri sera sono andata a lezione di arabo. Un’amica palestinese si è offerta di darmi una mano, qualche sera a settimana vado a casa sua e mi spiega un po’ di regole grammaticali di questa lingua magnificamente complicata. Ieri sera abbiamo finito tardi, perché poi io la aiuto con la pronuncia in francese e poi ridiamo e scherziamo e in men che non si dica è mezzanotte.
Allora, ieri sera, suo fratello si è offerto di accompagnarmi a casa in macchina, perché doveva uscire per andare a comprare qualcosa. Non so bene cosa poteva dover comprare a mezzanotte, ma non sono esattamente affari miei, quindi ho approfittato del passaggio e sono stata zitta. “A domani habibti, a domani”. Sì cara, ci vediamo in ufficio, e sono salita in macchina. 
Arrivata a casa sfinita, ho mandato qualche dolce messaggio a chi è lontano e mi sono addormentata nel giro di pochi minuti.
Stamattina, do uno sguardo a Facebook (sì, questa piaga è arrivata anche qui) e vedo che la mia amica che mi insegna l’arabo ha scritto qualcosa, in arabo per l’appunto, alle 3.41 di notte. Strano, penso tra me e me, era stanchissima quando sono andata via e avrei giurato che sarebbe andata subito a dormire. Non sono ancora molto brava in arabo, quindi lascio stare e non tento neanche di decifrare le sue frasi.
Senza pensarci troppo corro in ufficio a preparare la mia lezione del pomeriggio. Inglese, 22 studenti trai 12 e i 14 anni, tutti motivatissimi. E mentre sto stampando degli esercizi ecco che sbuca la mia amica. Un bacio, una chiacchiera, come se niente fosse, io mi sono già completamente dimenticata di chiederle cosa ci faceva sveglia alle 4 di notte. Ma poi qualche minuto dopo, con una nonchalance che mi raggela il sangue, mi annuncia candidamente “Ah, meno male che eri già andata via, ieri notte sono arrivati i soldati”.
Cosa scusa. Non ho capito bene.
“Eh, ieri notte, alle 3 e qualcosa, sono arrivati i soldati, nel mio palazzo. Hanno fatto un sacco di rumore, hanno spaccato tutto, in un paio di appartamenti qualche piano sotto il mio.”
Cosa scusa.
“Sì, poi hanno arrestato 5 persone. Ovviamente mi sono svegliata… sì, hanno davvero fatto un sacco di casino”.
Cosa scusa.
Ma chi erano queste persone, quelli che hanno arrestato?
 “Non so, ma penso fossero attivisti anti-occupazione, non so perché li hanno presi”.
Cosa scusa. 

Prendo le mie fotocopie e la saluto, esco dall’ufficio, camminando meccanicamente verso casa.
Questa è l’occupazione, questo è quello che succede.
Questo. Assurdità pura.
Non ci sono altre parole per descriverlo. ----


Il muro di Betlemme è gemellato con quello di Berlino

6.11.2013

Noi non ci possiamo andare

Noi, non ci possiamo andare
Gli occhi intristiti 
Di una tristezza vera
Di una tristezza amara
Più di qualsiasi caffé arabo
Senza zucchero.

Occhi che sognano
Cose mai viste
La torre Eiffel
La neve
Toccare il mare
Con un dito
Vedere l'oceano
Sentirne l'odore

Noi, non ci possiamo venire
Lo sguardo curioso
Com'è
È bello? Che profumo ha?
Racconta, ti prego.

Noi non ci possiamo venire,
A casa tua.
Non so perché
Allora abbasso lo sguardo
Affranta
Impotente.
Tanti muri devono ancora cadere
Prima che trionfi la  libertà.

Arrivo in Israele

Sono atterrata al Ben Gurion Airport con il cuore in gola per il famigerato, temutissimo Border Control
Ma non mi sono sentita molto spaesata, sorprendentemente. Era il 17 ottobre. 
Ho scelto la faccia più amica tra gli impiegati e mi sono fatta avanti.
L’ho passata liscia come l’olio, in tre minuti stavo aspettando la mia valigia con il visto valido tre mesi infilato nel passaporto.
Ma dovevo ancora riuscire ad arrivare a Nablus, ovvero Sichem in ebraico, una delle più grandi città palestinesi, nel bel mezzo del West Bank. Anche qui la fortuna era dalla mia parte: dopo un solo giorno a Tel Aviv, incontro per caso due ragazzi e una ragazza di Nablus che stanno per tornare a casa. 

Mi aggrego a loro, accorciando all’ultimo momento il mio soggiorno a Tel Aviv e, a parte un taxista sionista un po’ aggressivo, tutto procede per il meglio!