martedì 24 dicembre 2013

Natale 2013 a Betlemme




Da Betlemme: Auguri di Buon Natale a tutti quelli che mi conoscono.
A questo punto, vista la situazione, qui proprio occorre sorridere per non piangere.



Messa di Natale dalla Grotta di Betlemme

Natale senza neve (per fortuna!) a Betlemme di Giudea

A Nablus, Jemma ed io avevamo già addobbato il nostro albero di Natale

giovedì 19 dicembre 2013

Caro/a amico/a ti scrivo...

Questo era il nostro allegro pupazzo di neve palestinese, ma...


La neve in Palestina e Siria non è stata per tutti una gradita sorpresa, bensì ha costituito un’immensa sciagura e grave minaccia aggiuntiva per i rifugiati e profughi siriani
 Io ho appena firmato la petizione:
"Governo Svizzero: Accogliere 20'000 profughi siriani."
 e vorrei chiederti di aiutarci aggiungendo il tuo nome. 
 Il nostro obiettivo è quello di raggiungere 1500 firme e abbiamo bisogno del tuo sostegno.
 Puoi saperne di più e leggere la petizione cliccando sul link qui sotto: 

https://www.change.org/it/petizioni/governo-svizzero-accogliere-20-000-profughi-siriani

T'invito a diffondere questo link ÎÎÎ ad altri tuoi amici potenzialmente disponibili!

Lettre de Naplouse



Chère Geneviève!
tout se passe bien ici. Merci mille fois pour les photos! Certaines sont magnifiques!
d'autres moins ahahah surtout par rapport à la tête que je fais :D
en tout cas, c'est très gentil de me les avoir envoyées si vite.
Mes cours d'arabe ne sont plus vraiment les mêmes sans toi, Hassan m'a vaguement abandonnée et c'est Fanan qui gère mes progrès maintenant! 
Pour le reste, on était sans électricité pour 2 jours, je te dis même pas le froid.... la neige est tombée toute une nuit et un jour entier. Incroyable.
Tous les Palestiniens jouaient dans la neige pendant deux jours, avec des sachets en plastique autour des pieds, ahaha!
J'ai fait des bonshommes de neige avec Fanan, c'était super! 
D'autre part, notre coeur était aussi un peu triste par rapport à la situation des pauvres gens en Syrie qui ne profitent sûrement pas de la même manière de la neige, mais qui en souffrent. Aussi dans les camps ici je pense que ça a été chaud (ironique, l'utilisation de ce mot...) de survivre à ce froid sans lumière, sans chauffage!
Mais bon. Là le soleil (asshams!) est retourné et on espère que ça va rester pour un bon moment.
Helen, Jemma et moi, on va partir pour le weekend a Nazareth, full immersion dans le Christmas Market!
:) Je te souhaite une très bonne journée et... au revoir! 
Gros bisous
Lorenza








Dettaglio ingrandito di un puntino nell'immagine precedente






Vorrei segnalare, a conclusione di questa pagina, un'intervista telefonica (sulle mie prime impressioni della Palestina) in onda in diretta su RSI La2 alle 6.30 del mattino.
Pare che, malgrado l'ora, numerose persone in Ticino abbiano ascoltato le mie parole e i miei commenti. Comunque chi volesse ascoltare l'intervista può farlo consultando gli archivi della trasmissione "Albachiara". Questa intervista prende origine dall'articolo apparso sul quotidiano "La Regione" che raccontava le mie prime peripezie di volontaria in terra di Palestina.


giovedì 5 dicembre 2013

Hiver maudit, reviendras-tu toujours?




Mi spiace dover annotare che le prime, vere avvisaglie d'inverno (siberiano) hanno fatto la loro apparizione anche in Palestina, dove le case non hanno riscaldamento centrale.
Le previsioni meteo della prossima settimana sono decisamente pessimiste. Meglio coprirsi bene adesso, anche se l'altro ieri visitando il palazzo di Hisham a 5 km da Gerico con le mie amiche e colleghe avevamo ancora un bel sole.


lunedì 2 dicembre 2013

Ricchezze naturali di Palestina



Disse il poeta palestinese Mahmoud Darwish:
  "We have on this earth what makes life worth living"

Le ricchezze naturali della terra  di Palestina sono i bambini, le olive (che anch'io ho aiutato a raccogliere al sole di fine ottobre) e pure i datteri.

Altrimenti, per riflettere e meditare, abbiamo a disposizione un deserto di pietre e sassi che talvolta, magicamente rifiorisce.

Purtroppo i vari monti degli ulivi di cui è disseminato questo territorio sono spesso teatro di contese e bersaglio di rappresaglie assolutamente indegne della tradizione millenaria legata a queste piante, simbolo della pace fin dai tempi biblici di Noè.

“If the Olive Trees knew the hands that planted them, Their Oil would become Tears.” Mahmoud Darwish



sabato 30 novembre 2013

Non v'è pace tra gli ulivi della Palestina

ulivi di Palestina





Porterò sempre con me l’immagine di quel signore sulla sessantina, ferito a una gamba durante una protesta che la settimana dopo era di nuovo lì, in quella stessa strada dov’era stato colpito.
Ci ha chiesto di parlare nei nostri Paesi di quello che succede qui a Kafr Qaddum.
Da tre anni, ogni venerdì, soldati israeliani armati affrontano la popolazione locale che risponde tirando pietre. Tutto ciò perché i coloni israeliani hanno occupato una strada che attraversa un loro insediamento, obbligando i palestinesi a usare un altro percorso, una sorta di sentiero di terra battuta, per raggiungere Nablus. Impiegando il triplo del tempo. Questo è un piccolo esempio dell'atteggiamento sionista, che si esplica con soprusi ben peggiori, per esempio la cattura delle fonti di acqua, requisite, manu militari, senza alcuna contropartita da parte degli occupanti israeliani.


giovedì 28 novembre 2013

Imprevisti di Palestina

---- Ieri sera sono andata a lezione di arabo. Un’amica palestinese si è offerta di darmi una mano, qualche sera a settimana vado a casa sua e mi spiega un po’ di regole grammaticali di questa lingua magnificamente complicata. Ieri sera abbiamo finito tardi, perché poi io la aiuto con la pronuncia in francese e poi ridiamo e scherziamo e in men che non si dica è mezzanotte.
Allora, ieri sera, suo fratello si è offerto di accompagnarmi a casa in macchina, perché doveva uscire per andare a comprare qualcosa. Non so bene cosa poteva dover comprare a mezzanotte, ma non sono esattamente affari miei, quindi ho approfittato del passaggio e sono stata zitta. “A domani habibti, a domani”. Sì cara, ci vediamo in ufficio, e sono salita in macchina. 
Arrivata a casa sfinita, ho mandato qualche dolce messaggio a chi è lontano e mi sono addormentata nel giro di pochi minuti.
Stamattina, do uno sguardo a Facebook (sì, questa piaga è arrivata anche qui) e vedo che la mia amica che mi insegna l’arabo ha scritto qualcosa, in arabo per l’appunto, alle 3.41 di notte. Strano, penso tra me e me, era stanchissima quando sono andata via e avrei giurato che sarebbe andata subito a dormire. Non sono ancora molto brava in arabo, quindi lascio stare e non tento neanche di decifrare le sue frasi.
Senza pensarci troppo corro in ufficio a preparare la mia lezione del pomeriggio. Inglese, 22 studenti trai 12 e i 14 anni, tutti motivatissimi. E mentre sto stampando degli esercizi ecco che sbuca la mia amica. Un bacio, una chiacchiera, come se niente fosse, io mi sono già completamente dimenticata di chiederle cosa ci faceva sveglia alle 4 di notte. Ma poi qualche minuto dopo, con una nonchalance che mi raggela il sangue, mi annuncia candidamente “Ah, meno male che eri già andata via, ieri notte sono arrivati i soldati”.
Cosa scusa. Non ho capito bene.
“Eh, ieri notte, alle 3 e qualcosa, sono arrivati i soldati, nel mio palazzo. Hanno fatto un sacco di rumore, hanno spaccato tutto, in un paio di appartamenti qualche piano sotto il mio.”
Cosa scusa.
“Sì, poi hanno arrestato 5 persone. Ovviamente mi sono svegliata… sì, hanno davvero fatto un sacco di casino”.
Cosa scusa.
Ma chi erano queste persone, quelli che hanno arrestato?
 “Non so, ma penso fossero attivisti anti-occupazione, non so perché li hanno presi”.
Cosa scusa. 

Prendo le mie fotocopie e la saluto, esco dall’ufficio, camminando meccanicamente verso casa.
Questa è l’occupazione, questo è quello che succede.
Questo. Assurdità pura.
Non ci sono altre parole per descriverlo. ----


Il muro di Betlemme è gemellato con quello di Berlino

6.11.2013

Noi non ci possiamo andare

Noi, non ci possiamo andare
Gli occhi intristiti 
Di una tristezza vera
Di una tristezza amara
Più di qualsiasi caffé arabo
Senza zucchero.

Occhi che sognano
Cose mai viste
La torre Eiffel
La neve
Toccare il mare
Con un dito
Vedere l'oceano
Sentirne l'odore

Noi, non ci possiamo venire
Lo sguardo curioso
Com'è
È bello? Che profumo ha?
Racconta, ti prego.

Noi non ci possiamo venire,
A casa tua.
Non so perché
Allora abbasso lo sguardo
Affranta
Impotente.
Tanti muri devono ancora cadere
Prima che trionfi la  libertà.

Arrivo in Israele

Sono atterrata al Ben Gurion Airport con il cuore in gola per il famigerato, temutissimo Border Control
Ma non mi sono sentita molto spaesata, sorprendentemente. Era il 17 ottobre. 
Ho scelto la faccia più amica tra gli impiegati e mi sono fatta avanti.
L’ho passata liscia come l’olio, in tre minuti stavo aspettando la mia valigia con il visto valido tre mesi infilato nel passaporto.
Ma dovevo ancora riuscire ad arrivare a Nablus, ovvero Sichem in ebraico, una delle più grandi città palestinesi, nel bel mezzo del West Bank. Anche qui la fortuna era dalla mia parte: dopo un solo giorno a Tel Aviv, incontro per caso due ragazzi e una ragazza di Nablus che stanno per tornare a casa. 

Mi aggrego a loro, accorciando all’ultimo momento il mio soggiorno a Tel Aviv e, a parte un taxista sionista un po’ aggressivo, tutto procede per il meglio!

mercoledì 16 ottobre 2013

Destino, partenze, propositi

L'altro giorno ho letto su Facebook "Credo un po' nel destino". Una frase all'apparenza semplice, ma dietro alla quale si celano una miriade di potenziali interpretazioni.

Mi sono messa a pensarci, giocherellando con le malabares, le palline da giocoliere che mi ha regalato Virginia, una cara amica che ha recentemente conquistato un pezzetto del mio cuore. E mentre le malabares giravano, io mi chiedevo "e io, in che cosa credo? Ci credo, nel destino? Cos'è poi, il destino?".

Lasciate perdere le malabares, sono giunta alla conclusione che sì, credo anch'io, un po', nel destino. Per me il destino è quella cosa lì che fa sì che ci troviamo in un determinato posto in un determinato momento con determinati presupposti.

Quindi, se credo nel destino, logicamente, credo, un po', che alcuni incontri non accadono per caso. Mi piace, crederlo.

Ma soprattutto, credo nelle cose belle. Credo, fin troppo forse, nell'amicizia, quella che ti tiene caldo nelle sere d'inverno, come una coperta morbidosa ma leggera.

Ogni tanto credo anche che, forse, mi basta poter credere in questo, per essere felice.

Credo che i bambini siano il nostro futuro, il presente e anche il passato. Credo che abbiamo tanto, tantissimo da imparare da loro. E dai vecchi. Sottovalutati, da sempre, o forse solo da poco.

Credo nella gioia e nella meraviglia. Vorrei aprire gli occhi al mattino come li apre un neonato che è appena uscito dalla pancia della mamma. Vorrei sapermi meravigliare di continuo, perché credo che la meraviglia sia una forma mentis tra le più appropriate. 

È cercando la meraviglia che faccio le valigie e parto per quest'avventura, con la speranza di riuscire a portare laggiù qualcosina anch'io, e non solo di arricchirmi.

Ho tentato una raccolta fondi per l'associazione Projecthope di Nablus.

Fundraising Websites - Crowdrise

Qualche mail alle persone venute con me in Israele/Palestina in febbraio scorso e una vendita di torte fatte in casa con mucho cariño, en Alicante. Inutile dire che le torte hanno fruttato ben 7,05€, mentre le mail si sono rivelate estremamente redditizie. Mi ritrovo dunque con un discreto gruzzolo, ne sono contenta! Ma spero solo di riuscire ad offrire anche qualcosa di più, in termini umani, che un pugno di shekel. E quindi I'm gonna try, as hard as I can, anche se oggi c'ho un po' il cuore nello stomaco, e un groppo in gola, che ogni tanto si stringe, all'idea di lasciare il mio mondo, tanto odiato e tanto amato allo stesso tempo.

Farewell Switzerland, I'll see you soon...

Cliccando qui su projecthope.ps, visitate il nuovo sito web del progetto palestinese a cui aderisco.